Brand patronimici: buona o cattiva idea?

Capita spesso di sentire dire: “Posso registrare il mio cognome come marchio, è il mio nome!” In realtà, la questione è molto più complessa. Usare il proprio cognome come brand (brand patronimici) può sembrare la scelta più naturale: è immediato (non serve inventare nulla), autentico (una promessa personale), potenzialmente economico (si risparmia sul naming e sul branding iniziale). Ma è anche una scelta che nasconde più rischi che vantaggi, se non viene valutata con attenzione.

Negli ultimi anni non sono mancati i casi di brand patronimici costretti al rebranding per motivi legali o strategici, basti pensare al caso della società funebre Taffo (ora Tanuba) o al caso Lamborghini.

Questi casi ci invitano a riflettere: usare il proprio nome come marchio è davvero una buona idea?

Dietro a questa scelta apparentemente semplice si nascondono alcune insidie:

  • Legali: un cognome non è solo “nostro”, può essere qui registrato da un omonimo nella propria classe merceologica, oppure essere usato da vari membri della propria famiglia e un giorno generare contenziosi.
  • Strategiche: se il brand cresce o cambia direzione, il nome personale può diventare un limite. Se un giorno si intende internazionalizzare l’attività non è detto che il proprio cognome funzioni a livello linguistico.
  • Emotive: legare il proprio nome all’azienda rende più difficile distaccarsene, se necessario venderla o gestire una crisi reputazionale.

Ma al di là di questi rischi… buona o cattiva idea?


👉 Buona, se il brand nasce da una visione autoriale, uno stile personale, un’attività fondata sulla firma e sulla credibilità del fondatore. Può essere interessante nel settore della consulenza, del lusso o della creatività dove firmare un progetto con il proprio cognome comunica impegno personale e autenticità.


👉 Rischiosa, se l’obiettivo è costruire un marchio collettivo, scalabile, o destinato a evolvere nel tempo.

In sintesi: un nome patronimico può funzionare, ma solo se scelto con consapevolezza, visione e tutela.
Il nome giusto deve essere coerente con la vostra identità, la vostra governance e soprattutto con il vostro orizzonte strategico: crescita, cessione, diversificazione, internazionalizzazione.

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